Corso Zanardelli, 32 - Brescia

A cura di Francesco Giacomo Caldana

Che cos’è un modello organizzativo “231”?

Per modello organizzativo 231, anche definito compliance aziendale o compliance program, si intende una struttura organizzata all’interno dell’ente idonea alla prevenzione del rischio di commissione di illeciti da parte delle persone fisiche facenti parte della struttura stessa, in modo tale da esentarla dalle sanzioni che la legge prevede nei suoi confronti nel caso di commissione dei reati espressamente previsti.

La disciplina della responsabilità delle persone giuridiche è contenuta nel D.lgs 231/2001, su L. Delega 300/2000.

In quali casi bisogna adottare il modello organizzativo?

Il D.lgs 231/2001 ha come destinatari gli enti forniti di personalità giuridica e le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica.

Dunque, l’ambito applicativo appare molto ampio, infatti non comprende solo enti lucrativi, ma anche perseguenti scopi ideali. È indubbio che anche codesti possano esercitare un’attività economica.

La fattispecie indicata dall’art 1 co 2, a titolo esemplificativo, si riferisce a:

  • Associazioni riconosciute;
  • Fondazioni, comprese quelle bancarie;
  • Istituzioni di carattere privato;
  • Società di capitali;
  • Società di capitali unipersonali, poiché soggetto di diritto distinto dalla persona fisica e dotato di autonomia patrimoniale perfetta;
  • Società fiduciarie;
  • Società cooperative e mutue assicuratrici;
  • Onlus;
  • Enti ecclesiastici, cattolici e non;
  • Consorzi che svolgono attività esterna;
  • Società a base personale (S.S., S.N.C., S.A.S.);
  • I fondi comuni di investimento e i fondi pensione chiusi;
  • Enti assoggettati a procedure concorsuali (discusso);
  • Le associazioni non riconosciute.

Dunque, risultano esclusi:

  • L’imprenditore individuale;
  • L’impresa familiare;
  • Le associazioni di partecipazione di cui all’area 2549 cc;
  • Le associazioni temporanee di imprese;
  • I consorzi con attività interna;
  • Le varie forme di comunione e i condomini.

Inoltre, si aggiungono all’elenco lo Stato e gli altri enti che esercitano pubblici poteri.

A cosa serve il modello organizzativo?

Il modello 231, come già accennato in precedenza, ha la funzione di prevenzione del rischio di commissione di illeciti da parte dei soggetti facenti parte dell’ente; inoltre, assume il fondamentale ruolo di esimente di responsabilità della persona giuridica nel caso in cui sia adottato prima della commissione di un reato-presupposto da parte della persona fisica.

La responsabilità dell’ente sorge nel momento in cui non vi sia stata un’organizzazione adeguata astrattamente idonea a prevenire condotte illecite da parte degli agenti fisici.

Quali sono gli illeciti che possono far sorgere la responsabilità dell’ente?

Il D.lgs 231/2001, recependo indicazioni dell’Unione Europea, nasce come strumento per contrastare i reati contro la Pubblica Amministrazione e contro il buon funzionamento dei mercati.

Tuttavia, nel corso degli anni, il novero dei reati-presupposto si è notevolmente ampliato, fino a comprendere anche fattispecie non riconducibili direttamente all’agire imprenditoriale.

Il catalogo di tali illeciti è codificato negli artt. 24 ss. del D.lgs., che attualmente prevede:

  • Art. 24: Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico;
  • Art. 24 bis: Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
  • Art. 24 ter: Delitti di criminalità organizzata;
  • Art. 25: Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso di ufficio;
  • Art. 25 bis: Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento;
  • Art. 25 bis.1. Delitti contro l’industria e il commercio;
  • Art. 25 ter: Reati societari;
  • Art. 25 quater: Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico;
  • Art. 25 quater.1. Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
  • Art. 25 quinquies: Delitti contro la personalità individuale;
  • Art. 25 sexies: Abusi di mercato;
  • Art. 25 septies: Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
  • Art. 25 octies: Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio;
  • Art. 25 novies: Delitti in materia di violazione del diritto d’autore;
  • Art. 25 decies: Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria;
  • Art. 25 undecies: Reati ambientali;
  • Art. 25 duodecies: Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
  • Art. 25 tendencies: Razzismo e xenofobia; 
  • Art. 25 quaterdecies: Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati;
  • Art. 25 quinquesdecies: Reati tributari;
  • Art. 25 sexiesdecies: contrabbando.

Quando l’ente risponde dei reati-presupposto commessi dalle persone fisiche?

La responsabilità dell’ente non sussiste automaticamente in caso di consumazione di un reato-presupposto da parte di una persona fisica, poiché è necessario che tale illecito sia commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.

Si sostiene che i due criteri debbano essere tenuti distinti: l’interesse caratterizza in senso marcatamente soggettivo la condotta della persona fisica, attenendo alla sua sfera psicologica, oggetto di una verifica ex ante; vantaggio evoca un dato di natura oggettiva, l’acquisizione di un beneficio, più o meno immediato, da parte dell’ente, richiedendo sempre una verifica ex post.

Inoltre, a seconda che il reato presupposto sia commesso da un soggetto in posizione apicale (es. amministratore, dirigente, sindaco,…) o da un soggetto soggetto sottoposto all’altrui direzione o vigilanza (e operaio, commesso,…), vigono regimi probatori differenti.

Cosa succede se viene commesso un reato-presupposto da un soggetto in posizione apicale?

In caso di commissione di un reato-presupposto da un soggetto in posizione apicale, al fine della sussistenza della responsabilità dell’ente il Pubblico Ministero deve dimostrare l’esistenza del reato presupposto e i requisiti di cui all’art 5 (interesse o vantaggio).

All’ente è riservata la prova dell’esimente, infatti l’art 6 co. 1 D.lgs 231/2001 afferma che l’ente non risponde se prova che: 

  • l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 
  • il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (ODV); 
  • le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; 
  • non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.

Dunque, si assiste a un regime probatorio particolare. È l’ente a dover provare l’esistenza di un adeguato modello organizzativo per prevenire reati della specie di quello verificatosi, l’esistenza di un organismo di vigilanza (ODV) che non abbia omesso o insufficientemente vigilato, l’elusione fraudolenta del modello da parte della persona fisica .

La norma non tipizza i modelli organizzativi, poiché devono essere specificamente redatti per la singola realtà aziendale. Tuttavia, ai co. 2 e 2 bis, fornisce delle indicazioni generali che possano indirizzare la funzione dirigenziale.

Si segnala che, in relazione al principio di autonomia della responsabilità dell’ente, questa viga anche nel caso in cui:

  • L’autore del reato-presupposto non sia stato identificato o non sia imputabile;
  • Il reato sia estinto per una causa diversa dall’amnistia (rinunciabile).

Cosa succede se viene commesso un reato-presupposto da un soggetto sottoposto all’altrui direzione o vigilanza?

In caso di commissione di un reato-presupposto da un soggetto subordinato, ai sensi dell’art 7 D.lgs 231/2001, il Pubblico ministero, oltre a dover dimostrare l’esistenza del reato-presupposto e i requisiti dell’interesse o vantaggio, deve anche sostenere che la commissione dell’illecito sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

L’ente non è comunque responsabile se possiede il compliance, prevedentemisure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

Il modello deve essere continuamente verificato e aggiornato e prevedere un sistema disciplinare sanzionante il mancato rispetto delle misure previste.

Quali sono le sanzioni previste in caso di accertamento della responsabilità dell’ente?

L’apparato sanzionatorio si fonda sul principio di tassatività. Le sanzioni per ciascun illecito devono essere espressamente previste dalla legge.

Le sanzioni applicabili all’ente sono:

  • Sanzioni pecuniarie: sempre applicate in caso di condanna. Si può applicare una sanzione da 100 a 1000 quote decise dal giudice che poi determina altresì il valore di una singola delle stesse, compreso tra 258 a 1549 euro. Dunque, la sanzione oscilla tra 25.800 euro e 1.549.000 euro. Le sanzioni pecuniarie possono essere ridotte nei casi previsti dal D.lgs.
  • Confisca: sempre disposta in caso di condanna. Riguarda il profitto o prezzo del reato;
  • Sanzioni interdittive: si applicano solo per i reato per le quali siano espressamente previste nei casi di reiterazione o nei casi di gravi carenze organizzative e profitto di rilevante entità tratto dall’ente;
  • Pubblicazione della sentenza penale di condanna: disposta a discrezione del giudice soltanto in caso di applicazione delle sanzioni interdittive.

Quali sono le sanzioni più gravi?

Le sanzioni interdittive rischiano di incidere pesantemente sull’attività dell’ente. L’art. 9 co. 2 elenca le possibilità:

  • Interdizione dall’esercizio dell’attività (la più gravosa)
  • Sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • Divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli gia’ concessi;
  • Divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Le sanzioni interdittive si applicano in relazione alla proporzionalità e all’adeguatezza. L’interdizione dall’esercizio dell’attività si applica solo nel caso in cui le altre non risultino idonee per la specifica situazione.

Si segnala come tali sanzioni possano essere applicate anche in via cautelare.

Le sanzioni interdittive non si applicano nel caso in cui prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado l’ente si riorganizzi, elimini le conseguenze dannose o pericolose del reato e metta a disposizione il profitto ai fini della confisca.

Qual è la durata delle sanzioni interdittive?

Le sanzioni interdittive hanno una durata compresa tra 3 mesi e 2 anni.

Possono essere applicate in via definitiva:

  • L’interdizione dall’esercizio dell’attività in caso di profitto di rilevante entità e l’ente già condannato almeno 3 volte negli ultimi 7 anni all’interdizione temporanea (molto difficile), oppure nel caso in cui l’ente sia stabilmente impiegato per finalità di commissione di reati.
  • Il divieto di contrastare con la PA o il divieto di pubblicizzare beni o servizi quando vi sia già stata condanna a tali sanzioni temporanee almeno 3 volte negli ultimi 7 anni (anche in tal caso molto difficile).

Le misure cautelari interdittive hanno una durata massima di 1 anno.

Cosa succede in caso di non adozione del modello di organizzazione e gestione?

Nulla, nel caso in cui nessun soggetto consumi un reato-presupposto.

Tuttavia, nel caso di commissione di un illecito l’ente ne risponde e subisce l’applicazione delle sanzioni spiegate in precedenza.

Il modello organizzativo funge da esimente per la societas.

Cosa succede in caso di adozione tardiva del compliance?

Il modello può essere disposto anche dopo la commissione di un reato presupposto, in tal caso, l’ente se lo adotta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:

  • Non può subire l’applicazione di sanzioni interdittive, se contestualmente risarcisce il danno, elimina le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato e mette a disposizione in profitto ai fini della confisca;
  • Si vede ridurre la sanzione pecuniaria.

Nel caso in cui venga adottato dopo suddetto termine, in caso di sentenza di condanna anche a sanzioni interdittive, è possibile richiederne la conversione in sanzioni pecuniarie.

Il modello organizzativo presenta un’importanza fondamentale, pertanto si consiglia sempre di adottarlo, anche tardivamente.

NOTE

1 Art 1 co 2 D.lgs 231/2001.

2 V. ADONELLA PRESUTTI, ALESSANDRO BERNASCONI: Manuale della responsabilità degli enti, Seconda edizione, Giuffrè Francis Lefebvre 2018, pagg. 42-43.

3 Secondo Cass. 49056/2017.

4 V. ADONELLA PRESUTTI, ALESSANDRO BERNASCONI: Manuale della responsabilità degli enti, Seconda edizione, Giuffrè Francis Lefebvre 2018, pag. 43.

5 Es. concussione, corruzione.

6 Es. razzismo e xenofobia.

7 Art 5 D.lgs 231/2001.

8 V. DPC, La responsabilità da reato degli enti: natura giuridica e criteri (oggettivi) di imputazione di GIULIO DE SIMONE, Pag. 34. V. Relazione al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 16, § 3.2. Sembra interpretare in chiave soggettiva il criterio dell’interesse C. DE MAGLIE, L’etica, cit., p. 332 s.

9 Il procedimento di accertamento dell’illecito amministrativo della persona giuridica segue il rito penale, salvo le deroghe espressamente previste dal decreto stesso, poiché conseguente alla commissione di un reato, per ragioni di certezza del diritto, economia processuale e non contrasto di giudicati.

10 Nel caso della piccola impresa le funzioni di vigilanza possono essere assorbite dall’organo dirigenziale.

11 2. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze: 

a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; 
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; 
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; 
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 

12 2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono:

a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione; 
b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante; 
c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione; 
d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

13 Art 8 D.lgs 231/2001.

14  Si segnala una problematica per la prova dell’elusione fraudolenta.

15 Art 9 D.lgs 231/2001.

16 Art 10 D.lgs 231/2001.

17 Art 12 D.lgs 231/2001.

18 Art 19 D.lgs 231/2001

19 Art 13 D.lgs 231/2001.

20 Art 20 D.lgs 231/2001.

21 Art 18 D.lgs 231/2001.

22 Art 14 D.lgs 231/2001.

23 Art 45 D.lgs 231/2001.

24 Art 17 D.lgs 231/2001.

25 Art 13 co 3 D.lgs 231/2001.

26 Art 16 D.lgs 231/2001.

27 Art 51 D.lgs 231/2001.

28 Art 17 D.lgs 231/2001.

29 Art 12 co 2 D.lgs 231/2001.

30 Art 78 D.lgs 231/2001.