Corso Zanardelli, 32 - Brescia

La proposta normativa si pone nel solco dell’intervento riformista inaugurato con il D.L. n. 83 del 2015 (conv. dalla L. n. 132 del 6 agosto 2015) , adottato per sostenere, in via d’urgenza, l’attività delle imprese, in crisi agevolando il loro accesso al credito e muovendo da una premessa di fondo: un’azienda con problemi rischia di trascinare con sé altre imprese (fornitori di beni e servizi e intermediari finanziari) continuando a contrarre obbligazioni che non potrà soddisfare: affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo.
Con il disegno di legge delega in commento, che consolida gli approdi dell’intervento del Governo dell’agosto 2015, la prospettiva riformatrice si evolve: si lascia la strada dell’intervento puntuale e urgente per delineare un disegno organico di riforma del diritto dell’insolvenza.

UN MODERNO DIRITTO DELL’INSOLVENZA
E’ ormai indifferibile una riforma organica dell’intera materia dell’insolvenza e delle procedure concorsuali ad essa relative. In chiave di efficienza del sistema
Paese, in relazione al quale rivestono un ruolo determinante le percezioni degli investitori esteri e le valutazioni e i confronti delle regolazioni di impresa compiuta dagli organismi internazionali (in primo luogo dalla Banca mondiale in sede di elaborazione annuale del rapporto doing business) appare estremamente singolare che la normativa interna di base in materia sia ancora costituita da una legge del 1942 (la c.d. legge fallimentare di cui al r.d. 19 marzo 1942, n. 267, mentre la sostanziale unanimità degli Stati dell’Unione europea si sono dotati di moderne normative sull’insolvenza in grado di fornire una regolamentazione del fenomeno in linea con le richieste degli investitori internazionali.
E’ vero che la legge fallimentare italiana è stata ripetutamente modificata, ma per certi versi ciò ha finito con l’accentuare lo scarto tra le disposizioni riformate e quelle rimaste invariate, che ancora risentono di un’impostazione nata in un contesto temporale e politico ben lontano dall’attuale.
L’esigenza di una risistemazione complessiva della materia concorsuale, in linea con i quadri normativi nazionali degli altri Stati europei, è oggi resa indifferibile dalle sollecitazioni provenienti dall’Unione europea (ed in particolare dalla Raccomandazione della Commissione n. 2014/135/UE e dal novellato regolamento europeo sull’insolvenza transfrontaliera – Regolamento UE 15414/15), nonché dall’elaborazione dei principi di Model law, predisposti in sede Uncitral.

MAI PIU’ IMPRENDITORI “FALLITI”
Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità.
Si propone pertanto di abbandonare la pur tradizionale espressione “fallimento”, in conformità ad una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei di civil law (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna), volta ad evitare l’aura di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente a quella parola si accompagna; negatività e discredito non necessariamente giustificati dal mero fatto che un’attività d’impresa, cui sempre inerisce un corrispondente rischio, abbia avuto un esito sfortunato.
La crisi o l’insolvenza sono evenienze fisiologiche nel ciclo d’impresa, da prevenire ed eventualmente regolare al meglio, ma non da esorcizzare: è dimostrato che gli imprenditori divenuti insolventi hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta . È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo (garantendo così all’imprenditore il fresh start).
Al fallimento si propone quindi di sostituire un’asettica e semplificata procedura di liquidazione giudiziale dei beni, nella quale si innesta una possibile soluzione
concordataria (sulla scorta dell’attuale concordato fallimentare).

MISURE DI SOSTEGNO PER LA RISTRUTTURAZIONE PRECOCE DELLE IMPRESE IN CRISI
In linea con il piano imprenditorialità 2020 della Commissione UE, si offrono efficaci servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce e di
consulenza per evitare il default.
E’ dimostrato che la salvaguardia dei valori di un’impresa in difficoltà è direttamente proporzionale alla tempestività dell’intervento risanatore e che, viceversa, il ritardo nel percepire i prodromi di una crisi fa sì che, nella maggior parte dei casi, questa degeneri in vera e propria insolvenza sino a divenire irreversibile ed a rendere perciò velleitari – e non di rado addirittura ulteriormente dannosi – i postumi tentativi di risanamento, con distruzione del valore aziendale riservato ai creditori e dispersione dei posti di lavoro. Per dare evidenza induttiva alla rilevanza del fenomeno, basti pensare che negli 1985-2015 il valore dei crediti insinuati nei fallimenti del solo tribunale di Milano è stato pari ad oltre 25 miliardi di euro, di cui quasi 10 miliardi vantati dallo Stato e da altri enti pubblici.
Dagli studi empirici emerge un quadro allarmante sull’incapacità delle imprese italiane – per lo più medie o piccole imprese – di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, per una serie di fattori che ne riducono la competitività (sottodimensionamento, capitalismo familiare, personalismo autoreferenziale dell’imprenditore, debolezza degli assetti di corporate governance, carenze nei sistemi operativi, assenza di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine). Da uno studio condotto dall’Università di Bologna emerge che l’87% circa delle imprese del campione coinvolte in procedure concorsuali dinanzi agli uffici giudiziari sottoposti ad analisi erano insolventi già tre anni prima dell’accesso in procedura.
Si introduce quindi una fase preventiva di “allerta”, volta ad anticipare l’emersione della crisi intesa come strumento di sostegno alle imprese, diretto preliminarmente ad una rapida analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell’imprenditore e destinato a risolversi all’occorrenza in un vero e proprio servizio di composizione assistita della crisi, funzionale ai negoziati per il raggiungimento dell’accordo con i creditori o, eventualmente, anche solo con
alcuni di essi: Si vuole creare un luogo d’incontro tra le contrapposte – ma non necessariamente divergenti – esigenze, del debitore e dei suoi creditori, secondo una logica di e composizione, non improvvisata e solitaria, bensì assistita da organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata. Si intende, in ultima analisi ed in presenza di un debitore non collaborativo, garantire alle imprese sane che operano sul mercato di disporre di informazioni adeguate sulla solidità economico-finanziaria del loro partner/concorrente commerciale.

UN GIUDICE SPECIALIZATO PER LE PROCEDURE CONCORSUALI
L’efficiente gestione delle procedure concorsuali richiede una spiccata specializzazione. Si propone pertanto che presso i tribunali delle imprese siano concentrate le procedure di maggiori dimensioni e che la trattazione delle altre procedure d’insolvenza sia invece ripartita tra un numero ridotto di tribunali, dotati di una pianta organica adeguata, scelti in base a parametri oggettivi.

STOP AI CONCORDATI PREVENTIVI INUTILI
Attualmente circa il 90% dei concordati proposti hanno natura meramente liquidatoria (e, come tali, comportano il dissolvimento dell’impresa). La percentuale pagata in media nei concordati ai creditori chirografari non supera il 10%.
Il concordato è uno strumento processuale molto complesso, come è dimostrato dal fatto che solo una bassa percentuale di procedimenti (2,28% nel 2012, 2,42% nel 2013 e 4,55% nel 2014) si definisce con la esecuzione di quanto proposto dal debitore ai suoi creditori. Negli altri casi ci si arresta prima: perché i creditori bocciano la proposta di concordato o perché il Tribunale non lo autorizza o lo revoca.
Il concordato costa. Dagli studi empirici, emerge che il concordato preventivo comporta esborsi superiori al 30% dell’attivo, mentre quelli del fallimento sono decisamente più contenuti (5%). Ciò ovviamente incide negativamente sull’effettività della tutela dei diritti dei creditori, che potranno soddisfarsi solo sul residuo.
L’istituto concordatario si giustifica pienamente, invece, quando esso valga a garantire la continuità aziendale (con un adeguato mantenimento dei livelli occupazionali) ed, attraverso di essa, ricorrendone i presupposti, riesca altresì ad assicurare nel tempo una migliore soddisfazione dei creditori.
Muovendo da tale empirica constatazione, si è ritenuto di circoscrivere l’istituto all’ ipotesi del c.d. concordato in continuità: quando cioè, vertendo l’impresa in situazione di crisi o anche di vera e propria insolvenza – ma reversibile – la proposta preveda il superamento di tale situazione mediante la prosecuzione (diretta o indiretta) dell’attività aziendale, sulla base di un adeguato piano che sia consono anche al soddisfacimento, per quanto possibile, dei creditori.

ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE PIU’ EFFICACI
Viene esteso l’ambito applicativo dell’istituto dell’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, che ha fatto il proprio debutto nel D.L. n. 83 del 2015. Si prevede che il debitore possa avvalersi di tale strumento anche con riguardo a creditori diversi da quelli finanziari, purchè portatori di interessi omogenei. Ciò favorirà un processo decisionale più rapido e consentirà di impedire la “dittatura della minoranza”. Il debitore può quindi chiedere che, con l’omologazione del tribunale, gli effetti dell’accordo vengano estesi anche alla minoranza dei creditori che non hanno aderito all’accordo, purchè al predetto accordo abbiano aderito i titolari di crediti finanziari pari ad almeno il 75% dell’ammontare complessivo.

IL “SISTEMA COMMON”: UN CIRCUITO ECONOMICO INTEGRATO DELLE PROCEDURE CONCORSUALI
Si tratta del c.d. sistema “Common”, già delineato dalla Commissione ministeriale istituita il 4 agosto 2014, che si basa essenzialmente su tre elementi complementari: a) il rafforzamento di un market place unico nazionale, per tutti i beni posti in vendita dalle procedure concorsuali ed esecutive, dotato di massima visibilità e che funge da piattaforma di formazione dei prezzi attraverso meccanismi d’asta differenziati, ampliando la platea dei potenziali acquirenti (l’istituto è stato introdotto dal D.L. n. 83 del 2015); b) la possibilità di acquisto di beni su tale mercato non solo con denaro corrente ma anche con appositi titoli, che incorporano un diritto speciale attribuito ai creditori delle procedure di cui sia certificata la concreta possibilità di soddisfazione, da parte di un organismo terzo a un valore minimo prudenziale, a fronte di una garanzia formata dagli attivi più facilmente vendibili e di valore durevole; c) la creazione di un fondo nel quale siano conferiti i beni rimasti invenduti, in vista della loro valorizzazione.

UN PIU’ FACILE ACCESSO ALL’ESDEBITAZIONE
Si prevede, per le insolvenze di minor portata, che la liberazione dai debiti abbia luogo di diritto – cioè senza la pronuncia di un apposito provvedimento del giudice – ferma la possibilità per i creditori di opporsi. In ogni caso, si anticipano i tempi dell’esdebitazione, prevedendo che possa ottenersi anche in corso di procedura.

MISURE PER LA CRISI E L’INSOLVENZA DEI GRUPPI DI IMPRESE
Si colma una grave lacuna dell’attuale legge fallimentare che ignora del tutto il fenomeno dell’insolvenza dei “gruppi” d’imprese, benchè sia evidente che l’insolvenza e le eventuali possibilità di risolverla si presentano con connotati peculiari quando non una singola impresa (in veste individuale o societaria che
sia) bensì un gruppo d’imprese nella sua interezza ne viene colpito. Lo scenario europeo, ed in particolare il recentissimo Regolamento UE 15414/15
sull’insolvenza transfrontaliera sollecitano il legislatore nazionale a colmare al più presto tale lacuna.
Si propongono disposizioni volte a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell’insolvenza delle plurime imprese del gruppo, individuando, ove possibile, un unico tribunale competente. Si prevede la possibilità di proporre un unico ricorso sia per l’omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti dell’intero gruppo, sia per l’ammissione di tutte le imprese del gruppo alla procedura di concordato preventivo.

SOSTEGNO ALLE IMPRESE PER L’ACCESSO AL CREDITO. GARANZIE MOBILIARI NON POSSESSORIE
Si allinea il diritto italiano ai più recenti sviluppi registrati in ambito europeo e internazionale (specie in ambito UNCITRAL), consentendo forme di garanzia, oggi non permesse, che non impongono la perdita di possesso del bene concesso in garanzia. In tal modo l’imprenditore potrà continuare ad impiegare l’asset nel processo produttivo ovvero disporne con conseguente trasferimento della prelazione sul corrispettivo ricavato.

LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA: SOLO NEI CASI IN CUI SERVE DAVVERO
Si propone di riportare anche il fenomeno della crisi e dell’insolvenza delle imprese oggi soggette a liquidazione coatta nell’alveo della disciplina comune, circoscrivendo detto istituto speciale alle sole ipotesi in cui la necessità di liquidare l’impresa non discenda dall’insolvenza, ma costituisca lo sbocco di un
procedimento amministrativo volto ad accertare e sanzionare gravi irregolarità intervenute nella gestione, fatta eccezione per i settori bancario, assicurativo e dell’intermediazione finanziaria, nell’ambito dei quali l’istituto risponde anche ad esigenze sui generis che chiamano necessariamente in causa la peculiare competenza delle anzidette autorità di settore.

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA: VERSO UN PROCEDURA DI DIRITTO COMUNE
Ci si propone di fare in modo che anche l’amministrazione straordinaria graviti all’interno di un sistema concorsuale informato a principi e tratti fondamentali comuni e uguali per tutti, considerando tale istituto come un ramo appartenente a un tronco comune rendendo ad esso applicabili, ovunque non vi siano esigenze specifiche di segno contrario, le regole ed i principi dettati in via generale.
Si valorizza così il carattere straordinario della procedura di cui si sta parlando, che trova la sua peculiare ragion d’essere – ed il fondamento delle speciali competenze che in essa sono riservate all’autorità amministrativa – in esigenze di tipo economico-sociale, derivanti dalla crisi di imprese la cui dimensione o la cui funzione sia tale da poter provocare gravi ripercussioni occupazionali o comunque da richiedere un intervento governativo per ragioni di pubblico interesse